Le Lac des cygnes
Sulla riva di un lago, Rothbart vuole sfruttare un giacimento di energia fossile. Una giovane donna, Odette, manda a monte i suoi piani, lui la trasforma in cigno. Altrove, a una festa, Siegfried si oppone al padre che intende affiliarsi a Rothbart per costruire un una fabbrica sulla riva del lago dei cigni.
Come coreografo contemporaneo, cosa rappresenta per lei il Lago dei cigni?
Per me è un Everest, un monumento della danza. Affrontarlo è già di per sé una sfida, viverlo in modo del tutto inaspettato, in pieno COVID, aggiunge ulteriore stress a questa creazione.
Cosa conserva del balletto originale di Marius Petipa, Lev Ivanov su musiche di Pëtr Il’ič Čajkovskij?
Conservo la storia d’amore, la favola ammaliante, legata alla trasformazione di una donna in cigno, mentre modifico completamente il ruolo dei genitori. Nella maggior parte delle versioni del Lago dei cigni sono più che altro dei personaggi di facciata, ballano poco o per nulla, interpretano un ruolo formale. Nella mia versione, al contrario, sono molto importanti, hanno parecchie parti danzate, perché incidono sui rapporti fra i protagonisti. Il padre di Siegfried è un uomo piuttosto tiranno, incline all’abuso di potere. Sua madre è protettiva, richiamando in qualche modo l’universo di Proust. A proposito, è piuttosto divertente vedere che in A la Recherche du temps perdu ritroviamo Swan e la sua amante Odette! Ho l’impressione che fosse abbastanza vicino al Lago dei cigni… Rothbart è sempre là, è un mago quando vuole, un personaggio molto ambiguo. Oltre ad essere un mago, ha anche altre funzioni sociali. Può rappresentare uomini d’affari o industriali sfruttatori, che possono essere dannosi per le nostre società. Il padre di Siegfried ricopre in qualche modo lo stesso ruolo senza essere un mago. Si potrebbe dire che ci sia una sorta di piano, un complotto fra loro.
E lei vede una forma di mercificazione dei corpi? Perché in un certo senso, già nel libretto originale, Rothbart usa sua figlia per fini deleteri…
È esattamente questo! In realtà il padre e Rothbart concordano il matrimonio fra il figlio e la figlia, per far aumentare il proprio patrimonio.
«Il miglior tributo da rendere a Marius Petipa è entrare nel suo processo creativo, reinventare le cose». È rimasto fedele alla partitura di Ciajkovskij?
Ho conservato il 90% di Čajkovskij, di cui il 90% dal Lago dei cigni, e il 10% da altre opere dello stesso compositore. Ho scelto di non utilizzare tutta la musica del Lago dei cigni, che dura tre ore, volendo raccontare cose che non si trovano nel libretto originale, ho cercato altri elementi fra le sue composizioni e ho riscoperto Čajkovskij. Ho così esplorato le sinfonie, i concerti per orchestra. La base, il fondamento musicale, rimane Le Lac, completata da estratti dal concerto per violino, ouverture, sinfonie…
Troveremo elementi tratti dalla coreografia di Petipa/Ivanov?
Ho trovato interessante fare affidamento su alcune caratteristiche coreografiche, come una scaletta. Come se fossi arrivato a un Oppidum e, sulle fondamenta di vecchi edifici, avessi costruito una nuova città. Per alcune parti, soprattutto nell’atto bianco, mi sono molto divertito. Sono momenti assolutamente esaltanti, che ho custodito e che ho tentato di recuperare. In verità, la coreografia non segue affatto quella di Marius Petipa, perché l’ho riscritta interamente. Quindi non è una rielaborazione, strutturalmente e fondamentalmente è una coreografia originale. E questo è forse il miglior tributo da rendere a Marius Petipa, entrare nel suo processo creativo, reinventare le cose.
Odette/Odile, ossia il cigno bianco e il cigno nero, saranno uniti in un unico ruolo come nell’attuale versione classica?
È un ruolo difficile che richiede qualità opposte, in termini di virtuosismo, di interpretazione, va fatto un lavoro particolarmente intenso per trovare un equilibrio nei due personaggi, senza rinunciare ai requisiti necessari.
Angelin Preljocaj
Intervistato da Agnès Izrine