La Musica di Dante
Il concerto dell’Ensemble Micrologus ci porta a immergerci in un universo in cui l’arte musicale si sta trasformando profondamente: dagli epigoni dell’Ars Antiqua ai primi passi dell’Ars Nova. Corrisponde alla fine del feudalesimo e all’affermarsi dei mercanti (la borghesia), che operano nei Comuni del Centro come nelle Signorie delle città/stato del Nord Italia.
Avviene così un excursus tra le musiche dei più importanti trovatori del XIII secolo, che Dante cita, perché ben conosce, innalzandoli a suoi Maestri, confrontati con i nostrani, creatori della più antica produzione di canzoni e ballate, questi ultimi senza testimonianze dirette delle loro composizioni. Per questo nel programma ci sono alcune ricostruzioni di canzoni, anche su testo di Dante, secondo la tecnica dell’epoca del contrafactum (adattamento ad una melodia precostituita).
Nella prima parte del concerto la musica associata ai pifferi e trombetti di corte, o di città, fa da cornice a vari momenti: primo, quello d’amore spirituale del canto delle laudi, adottato dalle confraternite cittadine. Segue la poetica dei trovatori. Dante stesso testimonia nel De Vulgari Eloquentia che l’arte dei trovatori sopravviveva ancora e influenzava la musica successiva. Egli loda Bertran de Born, il poeta delle armi, Arnault Daniel, il poeta dell’amore e Guirault de Borneilh, della rectitudo. E poi Folquet de Marseilla. Un altro grande, Bernard de Ventadorn, è citato nel Paradiso. Nella seconda parte si delinea l’universo sonoro della Commedia. Se l’Inferno è soprattutto suoni e voci alte e fioche, nel Purgatorio troviamo il canto, dominato dalla salmodia del canto gregoriano. Di Casella Amor che nella mente mi ragiona, su testo di Dante, è ricostruito con il contrafactum. Tant m’abelis vostre cortes deman di Arnaut Daniel è ricostruito su Tant m’abelis l’amoros pensament di Folquet de Marseilla. Infine, nel Paradiso la musica diventa polifonica, è visione ed esprime luce e movimento angelico. Nell’ultima parte ci spostiamo alla Corte Scaligera dove, tra Verona e Padova e la sua Università (da cui viene Marchetto), fu redatto il Codice Rossi 215, con le prime ballate monodiche e i madrigali polifonici. La corte di Cangrande, che ospitò Dante durante l’esilio e al quale Dante nel 1316 dedicò la cantica del Paradiso, era luogo dove si trovavano tutte le “buone costumanze”: «qui son le tempeste d’amore e d’amare… chitarre e liuti viole e flauti, voci alt’ ed acuti qui s’odon cantare…qui boni cantori con intonatori e qui trovatori udrai concordare».
Patrizia Bovi e Goffredo Degli Esposti